Dal 1993 il 3 maggio di ogni anno si celebra la giornata internazionale della libertà di stampa proclamata dalle nazioni unite che, emerse inizialmente per evidenziare l’importanza della libertà di stampa e ricordare di rispettare la libertà di parola sancita dall’articolo 19 della dichiarazione universali dei diritti umani.
Il giorno fu scelto per ricordare il seminario dell’UNESCO per promuovere l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana tenutosi dal 29 aprile al 3 maggio del 1991 a Windhoek. Questo incontro, infatti, portò alla redazione della Dichiarazione di Windhoek: documento che affermava dei principi in difesa della libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei media come elementi fondamentali per la difesa della democrazia e il rispetto dei diritti umani.
La dichiarazione fa un richiamo esplicito: ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, tale diritto include la libertà di opinione senza interferenze e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza frontiere. Nonostante si tratti di un principio evocato spesso nell’immaginario collettivo, risulta tuttavia complesso definirne chiaramente il contenuto. Quando la stampa di un paese può definirsi effettivamente libera? Quali sono le strategie più efficaci per difendere questo principio democratico fondamentale?
Nel 1787 il deputato inglese Edmund Burke fu il primo a stabilire che la stampa in un paese agisce come quarto potere, che costeggia quelli legislativo esecutivo e giudiziario.
Presupposto necessario all’esistenza della stampa libera è la garanzia di un altro importante principio liberale: quello della libertà di informazione e di espressione, definito nel nostro ordinamento dall’articolo 21 della Costituzione. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, in forma orale o in ogni altro mezzo di diffusione; la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Eppure, a distanza di anni, l’Occidente Globale è chiamato a confrontarsi con il tentativo della classe politica di ridurre sempre di più lo spazio di azione per il giornalismo indipendente. Un processo lento, ma inesorabile; la ricetta prevede un controllo diretto o indiretto sui media pubblici e privati, rimessa in discussione dell’indipendenza della giustizia attraverso nomine e leggi, violazioni dello stato di diritto e dei diritti fondamentali con l’alibi delle crisi, compressione dei diritti e delle libertà individuali.
Abbiamo due casi recenti della lenta discesa dell’Italia: Il primo è il tentativo di acquisizione della seconda agenzia di stampa, l’Agi, da parte dell’imprenditore Antonio Angelucci, che è anche senatore dell’attuale maggioranza ed è proprietario di una serie di giornali che sostengono il governo Meloni e le sue battaglie culturali. Emblematico il caso del gruppo GEDI che comprende una serie di importanti testate giornalistiche, canali radio e reti televisive. Un’autentica piovra in grado di diffondere le notizie del partito unico neoliberista nelle case e nelle automobili di ogni italiano… Ma la liberta di stampa è in crisi anche dal punto di vista digitale?
Sicuramente il periodo migliore per i giornalisti è stato il 2020 con la diffusione della pandemia COVID-19: mentre tutta l’Italia si trova in zona rossa, il giornalismo acquista terreno anche dal punto di vista digitale. L’incremento dei social media è stato davvero importante: permette ai giornalisti di raccogliere informazioni, diffonderle, trovare fonti comodamente a casa, in smartworking, condividendo contenuti sui fatti in tempo reale.
Questo sistema sta mettendo in crisi la stampa tradizionale e il controllo eterodiretto dell’informazione, consentendo al popolo di informarsi in maniera indipendente riguardo i principali avvenimenti in Italia e all’estero. Senz’altro, il sistema presenta numerose falle: fake news, deep fake e molto altro ancora, ma la televisione e la stampa negli anni ci hanno abituato anche a peggio, spacciando notizie faziose per verità di fede. Ma come potremmo difendere la liberta di stampa?
È necessario che gli Stati adottino misure concrete, come l’introduzione di leggi anti-SLAPP, che scoraggino l’abuso del sistema legale per limitare la libertà di espressione, allo stesso tempo, è fondamentale che le istituzioni europee si impegnino nella promozione di norme comuni a livello europeo per garantire la protezione dei diritti fondamentali e della libertà di stampa. Nell’ultimo decennio, infatti, abbiamo assistito ad un forte declino della libertà di stampa, non solo in Russia, Cina e Iran ma anche nel “giardino ordinato dell’Europa”, come ebbe a definirlo con marcato tono neocolonialista l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell. Potrebbe pensarla diversamente Julian Assange – per citarne uno – detenuto da anni per aver esposto pubblicamente le ipocrisie guerrafondaie ed egemoniche dell’Occidente Collettivo.
La protezione della libertà di stampa non può dipendere solo dalle leggi e dalle istituzioni ma è un impegno che riguarda ciascun individuo prima ancora che la società. Documentarsi consultando più fonti, anche diametralmente opposte, potrebbe non bastare. Occorre che ciascun cittadino si formi leggendo, anche letteratura classica e contemporanea per capire il contesto storico, sociale ed economico delle epoche che ci hanno preceduto e di questa nostra attuale, quindi dove è possibile viaggiare e conoscere il mondo e le diverse culture e sensibilità che lo compongono, intessendo rapporti scientifici, culturali e commerciali che sono, in sostanza, il ponte tra popoli che ci aiuta a distinguere la propaganda di ogni ordine e grado dalla realtà – spesso multiforme e che spetta a noi ancorare in principi di pace ed eguaglianza.